venerdì, aprile 12, 2019

Ma quindi, di questo buco nero, cosa abbiamo visto?

I buchi neri sono neri: non si possono vedere, perché non emettono luce. Ma quindi cosa diavolo hanno fotografato con l'Event Horizon Telescope, e perché quella specie di ciambella è un'immagine di inestimabile valore scientifico?

Partiamo dal principio, capendo un po' cosa sia un buco nero. È un oggetto estremamente denso, che come previsto dalla relatività generale curva lo spazio-tempo intorno a sé così tanto da impedire alla luce di fuoriuscirne. E se non riesce a sfuggire nemmeno la luce, significa che nulla può sfuggirne, nemmeno le informazioni. Ciò significa che di ciò che si trova all'interno dell'orizzonte degli eventi, ovvero la superficie matematica che delimita il 'buco', non si può sapere nulla. O quasi: le teorie attuali si rompono in campi gravitazionali così forti, e l'unico modo per spiegare ciò che avviene è accettare il fatto che nell'universo possano esistere dei punti con densità infinita, delle singolarità.

Se le leggi fisiche si rompono all'interno del buco nero, possiamo sperare che ciò non avvenga negli immediati dintorni: la relatività generale di Einstein ha sempre funzionato alla perfezione modellizzando lenti ed onde gravitazionali, ma chi ci assicura che funzioni in un ambiente così estremo? Per testare questa teoria serve quindi un esperimento, ma fotografare un buco nero è impossibile. È però possibile fotografare gli immediati dintorni dell'orizzonte degli eventi, e confrontare il loro aspetto con le simulazioni fatte seguendo la teoria che si vuole testare. 

Ciò che è stato fatto dal team di Event Horizon Telescope è in effetti uno degli esperimenti più ambiziosi della storia della fisica: hanno messo insieme otto radiotelescopi in tutto il mondo osservando per quattro giorni due buchi neri, utilizzando la tecnica dell'interferometria per ottenere immagini con la risoluzione di un telescopio virtuale grande quanto la Terra. 

Prima della conferenza tutti quanti ci aspettavamo una foto di Sagittarius A*, il buco nero centrale della Via Lattea: ci hanno mostrato invece l'immagine di Virgo A*, il buco nero supermassiccio al centro della galassia M87. Questo buco nero ha una massa di 6.5 miliardi di masse solari, è lontano 55 milioni di anni luce ed è più grande del nostro Sistema Solare. L'immagine mostra una specie di ciambella rossastra, nettamente più luminosa su un lato. Come si può interpretare?



Per cominciare, cerchiamo di capire cosa sia il buco al centro. Non è in realtà l'orizzonte degli eventi! L'interno della ciambella corrisponde al raggio della più interna orbita circolare stabile: se valesse la gravità newtoniana, se dotati di una velocità sufficiente potremmo orbitare anche a un centimetro di distanza dall'orizzonte. Siccome però vale la relatività generale, esiste un raggio sotto il quale qualunque corpo cade all'interno dell'orizzonte degli eventi. È quindi questa l'ombra nera che osserviamo: il limite sotto il quale il gas vorticante attorno al buco nero smette di orbitare e cade.

Il disco intorno, come appena detto, è composto da gas estremamente caldo che orbita attorno al buco nero in attesa di precipitare. La velocità orbitale è una frazione sensibile della velocità della luce, e la frizione lo scalda fino a un miliardo di gradi kelvin, facendogli emettere raggi X e onde Radio, quelle che sono state osservate. Un lato di questo disco è più chiaro per l'effetto di redshift relativistico, dovuto al fatto che si sta muovendo verso di noi, mentre il lato opposto è più scuro perché si sta allontanando da noi. Stiamo vedendo questo buco nero di faccia: per questa ragione vediamo il disco di accrescimento per intero e non osserviamo eclatanti effetti di lensing gravitazionale, che si osserverebbero invece se lo vedessimo di taglio (come probabilmente succederà per Sagittarius A, quando rilasceranno la prima foto). 

Poco dopo la conferenza hanno spiegato perché non abbiamo visto una foto di Sagittarius A*: le nubi di gas si muovono troppo velocemente, e il processo di elaborazione è più difficile. Infatti per M87A* il tempo scala di variazione dell'immagine è di diversi giorni (basti vedere le quattro immagini riprese in quattro giorni) e sopratutto è molto più grande delle 8 ore di acquisizione dati per ogni osservazione.  In SgrA* le nubi si muovono più velocemente delle 8 ore di acquisizione, e si ottiene l'equivalente di una foto mossa. C'è quindi ancora del lavoro da fare. 




La parte contemporaneamente bella e brutta è il fatto che sia perfettamente in accordo con la relatività generale: questa teoria non smette di funzionare da più di un secolo nei regimi gravitazionali più disparati, e questa foto è un'ulteriore conferma della sua solidità. C'è però un grosso problema, una sorta di vicolo cieco nella fisica moderna: la relatività generale è completamente incompatibile con la meccanica quantistica, e la ricerca di una nuova teoria quantistica della gravità poteva partire proprio da questa foto, se fosse stata diversa dalle aspettative. Quindi, più o meno segretamente, tutti i fisici si aspettavano che fosse totalmente diverso dalle aspettative! Non è stato così, quindi la strada della teoria del tutto è ancora lunga. In attesa del rilascio della foto di Sagittarius A* vi lascio una foto di M87, fotografata qualche mese fa da Campo Catino, dove si vede anche il getto relativistico emesso dal buco nero.


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